Jonathan Galindo è diventato un nome noto nei circoli di Internet per le sfide sociali che spesso sfociano in atti di autolesionismo o peggio, nel suicidio. Questo personaggio, che mescola l’immagine innocua di Pippo della Disney con una narrativa oscura e pericolosa, ha sollevato preoccupazioni globali riguardo la sicurezza online, specialmente tra i più giovani. Eppure, è lecito ricordare che si tratti di una fake news. Una fake news che, secondo la cronaca, ha ucciso. Determinati fenomeni, come vedremo, non devono per forza esistere nel mondo tangibile per fare del male. Basta che esistano… nella mente di chi le incontra.

Le origini di Jonathan Galindo

La parola persona deriva dal latino, e significa maschera. Una maschera che caratterizza chi la indossa, e ne plasma comportamenti e modo di pensare. Così, i tratti e le espressioni diventano presagi di intenzioni, e le smorfie assumono connotati ben precisi.

Il volto attribuito a Jonathan Galindo non è altro che una maschera, creata tra il 2010 e il 2014 da Samuel Canini. Intendiamoci: Samuel crea maschere di professione. Prendendo in prestito dal latino il concetto prima citato, si potrebbe dire che Canini crei persone.

Persone che, come in questo caso, vivono poi di vita propria e si trasformano in qualcosa che il loro creatore non avrebbe mai potuto immaginare. Diventano simboli di morte, e di cronaca nera. Così, quell’innocuo travestimento simile a pippo, celebre personaggio della Disney, che avrebbe dovuto strappare ingenue risate diventa simbolo di morte.  

Ed è lo stesso Samuel, il 3 luglio del 2020 con un tweet su Twitter, ad oggi X, ancora adesso pubblico e disponibile per essere letto, a prendersi la responsabilità più grande, scrivendo queste parole:

“Ciao a tutti. Questa follia di Jonathan Galindo sembra stia terrorizzando moltissimi giovani impressionabili. Le foto e i video sono miei dal 2012-2013. Erano stati prodotti per mie motivazioni personali, e di certo non per impaurire o bullizzare persone. Se ricevi messaggi da persone sconosciute che vogliono iniziare a giocare, di qualunque gioco si tratti, non accettare. Non lasciare che questi entrino nella tua vita. Questo mondo ha abbastanza problemi, e soffrire o farsi del male per il piacere di altri non dovrebbe essere uno di questi.

Io sono solo un uomo, non posso controllare internet. L’unica cosa che posso fare è metterti in guardia contro i bulli e i malintenzionati”

La motivazione che spinse l’artista a scrivere tali parole furono, come anticipato, episodi di cronaca nera, che ci apprestiamo ad approfondire nel prossimo paragrafo.

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Le sparizioni legate al fenomeno Jonathan Galindo

Napoli, 2020. Un bambino di dieci anni decide di buttarsi dal balcone, forse con l’obiettivo di togliersi la vita. Fatti simili si ripetono a bari l’anno dopo, quando a gennaio 2021 un altro piccolo viene trovato impiccato nella sua cameretta.

Le forze dell’ordine indagano: per molti è istigazione al suicidio. Le testate giornalistiche gridano allo scandalo: dietro alle morti si nasconderebbe Jonathan Galindo, un mostro senza pietà dalle macabre sembianze che spingerebbe i minorenni a togliersi la vita.

Così, grazie a numerose segnalazioni e a video che è possibile trovare tutt’oggi online, inizia una spietata caccia al killer che, tuttavia, si risolve in… nulla. Jonathan Galindo non esiste, dicono in molti. Jonathan Galindo è un’invenzione fantastica del web, che come altre leggende metropolitane infesta la mente dei giovani.

Secondo voci di corridoio, chi diede un nome e una caratterizzazione orrorifica alla maschera di Samuel, poi conosciuta con il nome di Jonathan Galindo, avrebbe avvicinato sul web numerosi minorenni poi ricattati.

Se i ragazzini non avessero svolto i compiti che Jonathan impartiva, avrebbero visto i loro segreti e i loro dati personali pubblicati online, dove chiunque avrebbe potuto vederli e appropriarsene. Come è possibile immaginare, Galindo spingerebbe le vittime a Challenge sempre più difficili, fino alla sfida finale: il suicidio.

Ora, sorge spontanea la domanda: nonostante i fatti di cronaca nera riportati, sarebbe davvero possibile ricondurre ad un singolo colpevole tali fatti?

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La verità dietro alla maschera

Purtroppo, non è possibile. Certo, sul web come nella vita reale sono presenti malintenzionati che farebbero di tutto per fare del male, per i motivi più disparati. Ciò che appare chiaro, tuttavia, è che quella dell’uomo con l’inquietante maschera di Pluto è solo un Creepypasta, ovvero un racconto inventato che grazie a condivisioni su blog, social media e chat, finisce per ottenere una fama smisurata. Perché questo accade così spesso?

Già, perché oltre al caso di oggi è possibile trovare numerose leggende diventate poi reali perché condivise con insistenza, come la bambola Momo o Blue Whale.

Tutto ciò che non pubblichi online non esiste, dicono i marketers di quest’epoca per convincere nuovi clienti ad affidarsi a loro. Allo stesso modo, ciò che pubblichi, anche se non esiste nella realtà, può comunque esistere. Prima online, e poi nel mondo reale.

In quanti, ben consci della completa infondatezza di Galindo, testimonierebbero di averlo visto? Al supermercato, fuori da una discoteca all’alba, o in paesi desolati ai confini di zone poco abitate.

Secondo Oksana Kyrylova, i creepypasta si tramuterebbero in realtà a causa dei numerosi feedback espressi dagli utenti online. Feedback comunicanti emozioni forti, che stuzzicherebbero la curiosità di altri utenti.

Si instaurerebbe così un circolo –vizioso o virtuoso? Lascio a te la definizione – nel quale sempre più utenti appartenenti a specifiche community vengano persuasi, e persuadano, altri a documentarsi.

D’altra parte, il detto “la curiosità è contagiosa” vanta solide basi scientifiche. Le nostre azioni e decisioni vengono influenzate dal contesto sociale nel quale viviamo. E, come accade nel caso di Jonathan Galindo, è la curiosità del macabro a spingerci nel parlarne, permettendo ad un personaggio mai realmente esistito di vivere nelle nostre menti.

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Per concludere

  • Jonathan Galindo rappresenta un rischio reale nell’ambiente digitale, specialmente per i giovani.
  • Vigilanza e educazione sono essenziali per proteggere i più vulnerabili da questi pericolosi giochi social.
  • Le autorità stanno lavorando attivamente per combattere questo fenomeno.

Questo articolo, così come la puntata di podcast ad esso associata che puoi ascoltare qui, mira a spronare e a sensibilizzare sull’importanza della sicurezza online e sulle misure che ogni individuo può adottare per proteggere sé stesso e i propri cari dalle minacce del web.